Struttura ottenuta mediante una gettata in
calcestruzzo (cemento + acqua + sabbia + ghiaia) rinforzata con tondini
di acciaio. Questo accoppiamento - reso possibile dal fatto che i coefficienti
di dilatazione termica dei due materiali sono molto vicini - è molto
vantaggioso in quanto permette di sfruttare l'elevata resistenza a compressione
del calcestruzzo senza essere pesantemente limitati dalla sua bassissima
resistenza a trazione (30 ÷ 40 kg/cm
2 contro i 600 ÷ 800 a
compressione). Nel progetto della struttura infatti si assume che la sezione sia
parzializzata, cioè che la parte compressa sia composta dal
cemento e dall'eventuale ferro posto sopra l'asse neutro, mentre per la parte
tesa della sezione si assume nulla la resistenza del cemento (la cui sezione
può essere addirittura
fessurata); per sopportare lo sforzo di
trazione, si pone un'opportuna
armatura di ferro, sotto forma di
tondini cioè barre di diametro 10 ÷ 30 mm. Il
c.a. fu
brevettato per strutture portanti dal francese J. Lambot nel 1855. Nel 1861 un
suo connazionale, F. Coignet, sperimentò la costruzione di solai. Solo
nel 1880 iniziò però la grande diffusione del
c.a., ad
opera di un'industria tedesca. Attualmente il
c.a. è la materia
fondamentale di pressoché tutte le costruzioni edili: ogni impresa di
costruzioni è attrezzata per la sua preparazione e messa in opera; i
metodi variano un poco da un caso all'altro, ma solo su dettagli (preparazione
delle armature e loro ancoraggio per la gettata, preparazione delle casseformi,
ecc.). La grande diffusione del
c.a. è dovuta al suo basso costo,
alla sua semplicità di preparazione e messa in opera, alla sua resistenza
al fuoco e agli agenti atmosferici (in quanto il ferro si trova all'interno del
conglomerato, che è impermeabile). Il cemento usato è uno dei tipi
consentiti dalla legge, che fissa per ognuno di essi i carichi di sicurezza
ammessi alla compressione. Per i cementi normali, ad alta resistenza e
alluminosi si hanno rispettivamente 35 e 45 kg/cm
2 per sezioni
semplicemente compresse e 40 e 50 kg/cm
2 per sezioni inflesse e
presso-inflesse. Nei due casi si possono adottare anche valori maggiori (fino a
60 e 75 kg/cm
2 rispettivamente) qualora questi siano più del
triplo del valore della resistenza a compressione misurata sperimentalmente sui
campioni dopo 28 giorni (V. CEMENTO). Si assume
una resistenza al taglio di 4 e 6 kg/cm
2 nei due casi; per carichi
maggiori si deve disporre un'
armatura al taglio composta di
staffe
e
ferri piegati in acciaio. Come detto sopra si assume che il
calcestruzzo non abbia alcuna resistenza a trazione. Questa è tutta
sopportata dall'acciaio, la cui sezione deve essere tale che le sollecitazioni
non superino quelle ammesse dalle norme, che sono: 1.400 kg/cm
2 per
acciaio dolce (o
ferro omogeneo:
σ
R = 42
÷ 50 kg/mm
2.
σ
S ≥
23 kg/mm
2, (V. ELASTICITÀ);
1.800 ÷ 2.000 kg/mm
2 per acciaio semiduro
(σ
R = 50
÷ 60,
σ
S ≥
27 kg/mm
2); 1.800 ÷ 2.000 per acciaio duro
(σ
R = 60
÷ 70,
σ
S ≥
31 kg/mm
2). Con cementi particolari, calcoli accurati e acciai di
forma speciale, la sollecitazione ammessa può giungere ai 2.400
kg/cm
2. 2)
Calcolo delle strutture. a)
Pilastri. Se
sottoposti ad una compressione assiale, con carico P kg, e se la lunghezza
è minore di 15 volte il lato minimo della sezione, detti: A
f e
A
c le sezioni di ferro e di calcestruzzo; m il rapporto dei moduli di
elasticità dei due materiali (m ≅ 10);
σ
c la
compressione ammissibile nel calcestruzzo; n il rapporto
A
f/Aσ
S
si ha la formula di progetto:
Fissato un rapporto preliminare n (0,5 ÷
0,8%) si ottiene A
c; noto questo si ha il valore esatto della sezione
di ferro minima: A
f = n A
c. La stabilità si
verifica con la formula:
P =
σc
· (Ac + m
Af).
Nel caso di pilastri
cerchiati con
avvolgimento a spirale si ha un carico ammissibile P dato
da:
P =
σc
·(An + 15 Af +
45 As)
in cui: P è in kg,
σ
c è
in kg/cm
2 e A
n, A
f, A
s sono in
cm
2 rispettivamente la sezione del nucleo di calcestruzzo interno
alla spirale, l'area del ferro longitudinale, l'area di un ferro ideale
longitudinale equipesante con la spirale. b)
Trave. Si pone come
tentativo una certa sezione della trave; supposta questa parzializzata, si
verifica la sua resistenza e si calcola l'armatura: per tentativi si trova
perciò la sezione in cui le sollecitazioni sono le massime ammissibili,
cioè la sezione minima resistente. È da tener presente che nel
calcolo del momento di inerzia della sezione, ci si riferisce ad una sezione
ideale, pari a quella del calcestruzzo compresso più quella del ferro
moltiplicata per il rapporto fra i moduli m (≅
10). In genere si adottano sezioni rettangolari o a T. Nelle comuni situazioni
di carico, al centro della luce si hanno tese le fibre inferiori, mentre sugli
appoggi delle travi sono tese le fibre superiori. I ferri in genere sono
asimmetrici, in quanto se ne pongono pochi nelle sezioni compresse e
molti in quelle tese, nelle quali sono indispensabili. Si pongono anche ferri
inclinati a 45° per assorbire lo sforzo di taglio; questo può essere
fatto anche con
staffe verticali. L'armatura può essere preparata
in loco o a parte; durante la gettata è mantenuta in posizione da
fili o cunei che vengono poi rimossi. Le norme fissano la distanza minima
permessa fra l'armatura di ferro e la superficie esterna del conglomerato; essa
varia dagli 0,8 cm per le solette ai 2 cm per le strutture principali; in
presenza di acqua salmastra o di altri prodotti che potrebbero intaccare il
ferro si va anche a 3,5 cm. Le norme sulle opere in
c.a. sono raccolte
nelle seguenti disposizioni: Legge 26 maggio 1965, n° 505; DM 14 gennaio
1966; RDL 16 novembre 1939, n° 2.229; Circolare Ministero dei LL. PP. 17
maggio 1965, n° 1.547. 3)
C.a. precompresso (
CAP). Struttura
analoga al
c.a., ma in cui la sezione non è più
parzializzata, onde il cemento viene utilizzato pienamente. In genere si usa
preparare in laboratorio travi in CAP, che poi vengono messe in opera; per opere
importanti si possono anche creare strutture in CAP
in loco, anche se
questo porta una certa complicazione dei lavori. I ferri acciai ad alta
resistenza, spesso ad
aderenza migliorata, cioè sagomati, vengono
mantenuti in tensione mediante martinetti idraulici durante tutto il tempo della
presa. Eliminati i martinetti, essendo il ritiro del ferro impedito
dall'aderenza del calcestruzzo, il ferro resta teso e il calcestruzzo compresso
su tutta la sezione, L'applicazione dei carichi aggrava questa compressione sul
lato delle fibre compresse; su quello delle fibre tese invece la sovrapposizione
degli effetti ci dà una leggera compressione o una leggera trazione. In
tali condizioni tutta le sezione può essere considerata reagente, cosa
che consente in sede di progetto di dare alla struttura delle dimensioni minori,
con risparmio di materiale. Questo tipo di struttura permette, quindi, anche un
minor peso proprio e consente la realizzazione di opere molto più ardite.
Benché il suo uso si vada diffondendo molto velocemente, la
complessità dell'impiego lo rende poco versatile per opere di piccola
mole.